“Il truffatore di Tinder” è un documentario su Netflix, dove il protagonista, è tranquillamente a piede libero. Tinder è un’applicazione (app) per il dating, che sarebbe un sito di incontri online, che è attiva in 140 paesi e con più di 50 milioni di utenti attivi. Questa piattaforma propone una serie di potenziali partner con i quali poter chattare e in seguito incontrarsi.
Al momento dicevamo, tutti i dati de Il Truffatore di Tinder, sembra un titolo di un romanzo di avventure alla stregua de Il Prigioniero di Zenda, e i suoi account sono a disposizione su Internet. Ancora per qualche altro giorno e poi dovrà cambiare nome. Ricercato in diversi stati è stato condannato solo a 15 mesi di reclusione scontandone 5 e ritornando a praticare le truffe con le “meravigliose” donne scandinave “bisognose” d’affetto. Il documentario è un atto di vendetta da parte di queste donne che in qualche modo dopo essere state rovinate economicamente, per somme ingenti che nemmeno possedevano: pensate che addirittura la protagonista è riuscita a farsi concedere otto linee di credito per finanziare il famigerato, cercano di vendere su internet tutta la sua maglieria, jeans e quant’altro all’asta su internet. Compreso i suoi finti costosi orologi. È la storia di una vendetta per tradimento truffa per un crimine che non viene definito così, per il quale non si può essere condannati, perché in realtà queste donne i soldi li mandavano spontaneamente al truffatore. Ma oggi è lui il vero protagonista su internet: vedrete come in breve diventerà l’uomo più famoso del mondo, e più pagato stavolta da sponsor, banche, politicanti e via dicendo, poiché ormai funziona così. Compresa l’ineffabile latitanza.
Il nostro Uomo è l’espressione di Tinder: foto di grandi alberghi, ristoranti di lusso, jet personale, automobili costosissime, vestiti superfirmati e dulcis in fundo essere figlio di uno degli uomini più ricchi del mondo con il fotomontaggio insieme al padre in questione.
Una capacità di fascinazione che proviene dal sud del Mondo che probabilmente riesce ancora ad avere, grandi doti relazionali col nord del Mondo: il metodo efficace funziona come la somma di più inganni diversi con uno schema orizzontale, cioè bisogna “fregare” una prima pollastrella magari con un minimo di investimento e poi usare quella successiva per finanziare la prima: così la donna viene conquistata con il lusso e con la storia d’amore della sua vita. Come? Prima è tutto bello, tutto romantico e infinitamente costoso poi avviene il momento del pericolo in cui il nostro eroe con una serie di foto di sangue e ferite chiede aiuto monetario all’ignara vittima che concede tutto di sé, sia nell’amore che nell’amicizia. I giornalisti che hanno aiutato la donna scandinava truffata hanno esaminato gli oltre 400 messaggi “sul nulla” su cui era impostata questa fatiscente storia d’amore e di dipendenza vorrei dire: la nostra protagonista aveva avuto più di mille incontri in tre anni di Tinder e “per tutti”, spiegava, “era sempre alla ricerca del grande amore”.
Così le altre due bionde bellocce con scuole alte e un buon lavoro ci raccontano la fiducia incrollabile del popolo nordeuropeo nei confronti del capitalismo. La ricchezza diventa un valore morale ed etico per cui una persona ricca e fisicamente non sgradevole, vi ricordiamo che il nostro è affascinante e non bellissimo, è stimabile e degno di fiducia.
Ma di quale amore si tratta? La regista Felicity Morris alterna le testimonianze ai momenti di piacere, di dolore perché è una storia di donne, ma più che altro la differenza nella psicologia delle vittime/donne. Infatti l’indagine sul passato del “delinquente”, quando intravediamo la casa di nascita: un popolare condominio in una terra al centro di guerre e disastri, con una madre, altra “donna truffata” della sua vita, che non lo vede da più di dieci anni.
Ma siamo sicuri che non sarebbe un altro film sulla “vita truffata” del suo protagonista?
Proviamo a pensare da parte di “lui”: “Lì nel sud del Mondo a vedere on line il lusso sfrenato del nord del Mondo: allora il lusso me lo procuro pure io, e poi perché farla tanto lunga, banchieri, finanzieri, lobby cosa fanno in fondo? Io do loro un po’ di felicità nella loro vita grigia e priva di scopo e loro felici di un anno circa, di viaggi, sesso, tensione, pericolo. Eccitate dallo stress e dal lusso mi pagano dai 30.000 ai 50.000 dollari: beh, qualcuna è arrivata fino a 150.000, vuol dire che con lei sono stato anche più bravo!!! E poi mica sono avventure io mi sono “fidanzato” con tutte. Mi hanno pure presentato i loro genitori: che colpa ne ho se è così facile per me innamorarmi, ho il cuore sensibile!” E poi pare che nemmeno sia un grande amatore il nostro, anche perché le storie possono durare fino ad un anno ma non incontra le sue donne che dieci o dodici volte al massimo: una donna sa come vivere d’amore. Lo faceva in tempi andati prima di internet e del telefono figuriamoci oggi: potrebbe mangiare pane e internet. Messaggi scritti, messaggi vocali, fotografie, anche le rose rosse e le scappate col jet privato: storia vera e digitale, lo schema era uguale per tutte. Un mese per farle innamorare undici mesi per sfruttarle. È un metodo che racconta ancora lo scambio di priorità e di importanza tra ciò che viene vissuto digitalmente e la ricaduta analogica. Il mondo reale è il luogo in cui tutto finisce, e invece il mondo on line è dove tutto comincia.
La regista Felicity Morris depreda il genere “rape & revenge”, quando una donna si vendica degli abusi subiti. Infatti la terza parte del documentario ci racconta come la regista potrebbe essere stata raggirata a sua volta in passato da qualche amorazzo online: tutte le donne conservano una passione uguale alla vendetta dei sentimenti in questione e ognuno li usa e abusa secondo le proprie possibilità di espressione.
Ecco sì mi piacerebbe fare un corso sul come “capire” che hai di fronte un imbroglione su Tinder: ma penso che non avrei nessuna cliente, perché alle donne ci piace il farabutto affascinante e danaroso anche se lo finanziamo noi!!!