Il Neoplatonismo è quella particolare interpretazione del pensiero di Platone che venne data in età ellenistica, e che riassume in sé diversi altri elementi della filosofia greca, diventando la principale scuola filosofica antica a partire dal III secolo d.C. Sorto in età imperiale romana, il Neoplatonismo andrà poi ad influenzare soprattutto la filosofia occidentale, sia cristiana che moderna, distinguendosi dal platonismo di marca bizantina, rimasto ancorato a una lettura tradizionale di Platone. Protagonisti assoluti saranno Plotino del II sec. d.C. e successivamente Marsilio Ficino intorno al 1450. Ma per comprendere meglio i neoplatonici è necessario prima conoscere Platone, quantomeno i rudimenti del suo pensiero. Seguirà poi un excursus su Plotino, Marsilio Ficino e le influenze rinascimentali del Neoplatonismo sull’Ermetismo cinquecentesco fino alla psicanalisi del Novecento.
Platone e il Cristianesimo Primitivo: ellenizzazione del cristianesimo o cristianizzazione dell’ellenismo? (I)
La vera filosofia non può che essere accessibile a tutti, altrimenti non sarebbe, appunto, che tecnica erudita e palestra di esercitazioni logiche; ma questo non significa che tutti siano realmente capaci di apprenderla, per il semplice fatto che non tutti, anzi, solo una piccola minoranza possiede una autentica motivazione alla ricerca ed è disposta a sobbarcarsi i sacrifici che essa, necessariamente, richiede. Era opinione prevalente fra gli antichi che la filosofia fosse riservata a pochi; specialmente la scuola platonica sosteneva un tale punto di vista e basterebbe, a conferma di ciò, il motto che campeggiava all’ingresso dell’Accademia: «Non entri in questo luogo chi non è geometra»: come dire che se si è sprovvisti di una adeguata cultura geometrica (ma anche astronomica e musicale), è meglio rinunciare allo studio della filosofia. Poche scuole minoritarie contestavano l’idea che la filosofia fosse riservata unicamente alle persone dotate di una cultura superiore e, quindi, che da essa fossero automaticamente esclusi i contadini, gli artigiani, le donne, per non parlare degli schiavi; anzi, non era infrequente che filosofi anche di gran fama negassero agli schiavi il possesso di un’anima.
Platone e Cristianesimo Primitivo: ellenizzazione del cristianesimo o cristianizzazione dell’ellenismo? (II)
Il cristianesimo ha operato un’ autentica rivoluzione culturale anche in quest’ambito, perché ha affermato che è possibile, anzi, che è necessario fondare l’uomo nuovo, attraverso la morte dell’uomo vecchio, non mediante l’acquisizione di contenuti puramente intellettuali, ma attraverso la rivelazione della Parola divina, del Verbo che si è fatto carne e che, in tal modo, si è reso intelligibile all’uomo, A TUTTI GLI UOMINI, parlando un linguaggio nuovo (e assolutamente inconsueto rispetto all’uomo vecchio del mondo antico, basato sulla forza e sulla gloria terrena), semplice e universale: il linguaggio dell’amore, del perdono, della riconciliazione. I primi apologisti della religione cristiana, come Cecilio Firmiano Lattanzio (originario dell’Africa e vissuto circa fra il 240 e il 320 d. C.), obiettano ai filosofi pagani che essi parlano un linguaggio accessibile solo a pochi privilegiati e incomprensibile alle masse; mentre la Parola divina, nella sua sublime semplicità, giunge al fondo del cuore di ogni essere umano ed è in grado di operare in lui una radicale, spettacolare trasformazione, quale nessuna filosofia pagana è mai stata capace di fare…
Platone e Cristianesimo Primitivo: ellenizzazione del cristianesimo o cristianizzazione dell’ellenismo? (III)
«se la natura dell’uomo è capace di sapienza, bisogna che operai, contadini, donne, e insomma tutti gli esseri che hanno forma umana siano ammaestrati, perché acquistino la sapienza, e che il popolo dei sapienti sia formato da gente di ogni lingua, condizione, sesso, età. Pertanto è un validissimo argomento che la filosofia non conduce alla sapienza e non è essa stessa sapienza, il fatto che i suoi misteri sono celebrato solo da coloro che hanno barba e mantello». «Come poterono persuadere qualcuno quelli che non riescono neppure a persuadere se stessi, o come reprimeranno le brame, modereranno l’ira, freneranno le passioni di qualcuno, quando essi stessi cedono ai vizi e confessano che la natura è più forte di loro? Quale efficacia invece abbiano sugli animi i precetti divini, in quanto sono semplici e veraci, lo dimostra l’esperienza quotidiana. Dammi un uomo che sia iracondo, maldicente, sregolato: con pochissime parole di Dio lo renderò mansueto come un agnello. Dammi un uomo bramoso, avido di denaro, tirchio: te lo renderò liberale e distributore a piene mani del suo patrimonio. Dammi uno pauroso del dolore e della morte. Ben presto disprezzerà le croci, il fuoco e il toro di Perillo (toro di bronzo costruito per il tiranno Falaride di Agrigento, in cui venivano arsi vivi i malfattori).
Platone e Cristianesimo Primitivo: ellenizzazione del cristianesimo o cristianizzazione dell’ellenismo? (IV) «Dammi uno libidinoso, adultero, gaudente: subito lo vedrai sobrio, casto, temperante. Dammi un crudele e assetato di sangue, tosto quella furia si muterà in vera clemenza. Dammi uno ingiusto, privo di saggezza, peccatore: subito diverrà giusto, saggio e innocente: con un solo lavacro ogni malizia sarà cancellata. irriconoscibile».Tanta è la forza della sapienza divina, che una volta infusa nel cuore dell’uomo con un solo assalto caccia una volta per tutte la stoltezza, madre dei peccati: per fare questo non c’è bisogno di pagare uno stipendio, di libri né di veglie dedicate allo studio. Questo avviene gratis, facilmente, rapidamente, purché le orecchie siano aperte e il cuore sia assetato di sapienza. Nessuno abbia timore: noi non vendiamo acqua né affittiamo il sole. La fonte di Dio ricchissima e copiosissima è aperta a tutti e questo celeste lume sorge per tutti coloro che hanno occhi. Forse che qualcuno dei filosofi ha mai garantito questo, o se vuole può garantirlo? Essi, pur consumando il loro tempo nello studio della filosofia, non riescono a rendere migliore alcun altro e neppure se stessi, se appena la natura si oppone. Adunque la sapienza di quelli, per tanto che faccia, al massimo non elimina i vizi, ma li nasconde. Invece pochi precetti di Dio bastano a cambiare radicalmente l’uomo e a rinnovarlo, deposto l’uomo vecchio, tanto da renderlo irriconoscibile».