Il Neoplatonismo è quella particolare interpretazione del pensiero di Platone che venne data in età ellenistica, e che riassume in sé diversi altri elementi della filosofia greca, diventando la principale scuola filosofica antica a partire dal III secolo d.C. Sorto in età imperiale romana, il Neoplatonismo andrà poi ad influenzare soprattutto la filosofia occidentale, sia cristiana che moderna, distinguendosi dal platonismo di marca bizantina, rimasto ancorato a una lettura tradizionale di Platone. Protagonisti assoluti saranno Plotino del II sec. d.C. e successivamente Marsilio Ficino intorno al 1450. Ma per comprendere meglio i neoplatonici è necessario prima conoscere Platone, quantomeno i rudimenti del suo pensiero. Seguirà poi un excursus su Plotino, Marsilio Ficino e le influenze rinascimentali del Neoplatonismo sull’Ermetismo cinquecentesco fino alla psicanalisi del Novecento.
Questo è il primo articolo a cui seguiranno: Il Mito della Caverna; Il Mito dell’Auriga e Il Mito di Er. Si tratta di argomenti già discussi nel I Workshop sui Neoplatonici e precisamente la parte che riguardava il filosofo Platone, ad eccezion fatta de Il Mito di Er, che viene trattato al di fuori del workshop. Ma poi abbiamo pensato di pubblicare il rapporto della religione cristiana durante il periodo del Neoplatonismo con un personaggio poco conosciuto un apologista della religione cristiana, Cecilio Firmiano Lattanzio (originario dell’Africa e vissuto circa fra il 240 e il 320 d. C.), cioè il periodo di massimo fulgore delle teorie di Plotino.
Ontologia è l’origine delle “cose” la Gnoseologia è la conoscenza delle “cose”. Se la prima definizione ha una necessità “cognitiva” la seconda ha una necessità “iniziatica”
“I neoplatonici ritenevano che la verità fosse stata già rivelata agli antichi; non v’era dunque alcun bisogno di ricercarla. E grazie alla tradizione, tale verità si era tramandata, mantenendosi inalterata nella sua essenza”.
Le foto che troverete in questo articolo sono quadri di William Blake nato a Londra, nel 1757 ha operato fino al 1827, è stato un poeta, pittore e incisore inglese. L’opera di Blake, largamente sottovalutata mentre egli era in vita, venne poi considerata estremamente significativa e fonte di ispirazione sia nell’ambito della poesia che in quello delle arti visive. “Di gran lunga il più grande artista che la Gran Bretagna abbia mai prodotto.” Considerato un tempo pazzo per le sue idee stravaganti, divenne poi molto apprezzato per la sua espressività, la sua creatività e per la visione filosofica che sta alla base del suo lavoro. Come ha suggerito egli stesso “L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa”. Anche se la sua pittura e la sua poesia sono state solitamente valutate separatamente, Blake spesso se ne servì di concerto per creare opere che di colpo sfidassero e sostituissero le convenzioni in uso. Per questo l’abbiamo inserito in un articolo sul Neoplatonismo che parla nella sua prima parte, di Platone.
IPERURANIO OVVERO IL MONDO DELLE IDEE
Platone, teorizza l’esistenza di due mondi uno (quello chiamato sensibile) “regolato dall’imperfezione”, dal molteplice e dal divenire e l’altro (quello chiamato sovrasensibile) contraddistinto dalla perfezione e dall’immutabile.
Il mondo delle Idee o Iperuranio è la “scoperta” della dimensione dell’essere intelligibile sovrasensibile (di ciò che è perfetto ed è percepibile solo al di là del mondo dei sensi).
Gli elementi fisici ai quali i pensatori precedenti a Platone fanno appello, non sono la vera causa delle cose, ma una sorta di strumento (sono quindi, una sorta di con-causa), e la “vera causa di tutte le cose”, dunque, deve stare al di là del fisico. Se, per esempio, si vuole spiegare la ragione per cui una cosa è bella, non ci si può limitare alle componenti fisiche (armoniosità della forma, lucentezza di colori etc.) ma si deve risalire all’Idea del Bello, che quella cosa in vario modo “attua”. L’idea del Bello si troverà, dunque, in un altro mondo rispetto a quello “percepibile”, cioè, nel mondo delle idee.
I RAPPORTI TRA L’IPERURANIO E MONDO REALE
Le idee stanziate nell’Iperuranio sono indispensabili per l’esistenza della realtà mondana e delle sue determinazioni fenomeniche. Secondo la concezione platonica, infatti, il rapporto tra le idee dell’Iperuranio e le entità terrene può essere di quattro tipi:
Rapporto di mimesi: secondo questa concezione gli oggetti terreni sono semplici copie delle idee perfette ed immutabili;
Rapporto di metessi: in questo caso le cose partecipano all’esistenza delle idee;
Rapporto di parusia: le idee sono presenti nelle cose e ne rappresentano l’essenza;
Rapporto di aitia: le idee sono cause delle cose.
In ogni caso, comunque, si nota come le idee dell’Iperuranio siano necessarie all’esistenza delle cose. Di conseguenza si viene a generare una sorta di superiorità tra l’Iperuranio e il mondo reale: oltre, al maggiore grado di perfezione presente nell’Iperuranio, c’è un primato di quest’ultimo sul mondo reale. L’Iperuranio, e quindi le idee in esso contenute, rappresenta il modello secondo cui il Demiurgo ha formato il mondo delle cose, la materia.
I PRINCIPI PRIMI E L’INTELLIGENZA SUPREMA: UNO, DIADE E DEMIURGO ( I )
Le molteplici cose sensibili si possono spiegare, solo riportandole all’unità di un’Idea corrispondente, che per partecipazione le fa essere appunto ciò che sono. Ma le Idee stesse sono necessariamente molteplici (ad esempio, c’è una idea sovrasensibile per ogni realtà sensibile), sia pure a un livello del tutto differente dalle cose sensibili (poiché le idee risiedono in un altro mondo e sono ordinate in modo gerarchico). Il molteplice non spiega mai sé stesso e ha bisogno perciò strutturalmente di essere riportato all’unità. Di conseguenza diventa necessaria quella teoria dei principi primi e supremi quali l’Uno (che coincide esattamente con il Bene) e la Diade indefinita di grande/piccolo (diade degli opposti, i quali si danno sempre in coppia). La Diade è principio di molteplicità: ciò da cui deriva la differente realtà delle cose e, a livello sensibile, il divenire. Di conseguenza tutta la realtà a tutti i livelli ha una struttura bipolare, ossia è una «mescolanza» di due principi, l’Uno e la Diade secondo «giusta misura».
I PRINCIPI PRIMI E L’INTELLIGENZA SUPREMA: UNO, DIADE E DEMIURGO (II)
L’Uno viene presentato nella sua funzione di limite e la Diade come non-limite (illimite): l’essere è un misto di limite e illimitato. Le Idee sono tali da sempre e per sempre (eterne ed immutabili). Invece il mondo fisico (imperfetto e mutabile) è tale solo per l’intervento di una causa efficiente, ossia di una intelligenza suprema rappresentata,dal Demiurgo (una figura mitologica che simbolizza la funzione razionale ordinatrice della realtà). Il Demiurgo cerca di “plasmare” la realtà fisica prendendo come esempio i modelli del mondo ideale (in funzione delle figure geometriche e dei numeri). Gli enti matematici sono perciò gli enti intermediatori che permettono all’intelligenza del Demiurgo di trasformare il principio caotico del mondo sensibile in cosmo ordinato; essi dispiegano l’unità nella molteplicità in funzione dei numeri e quindi producono ordine e portano all’essere tutte le cose come immagini dei modelli ideali. Siccome il Demiurgo è la migliore delle cause possibili, questo cosmo non può che essere il migliore possibile. Il Demiurgo, infine, non crea dal nulla (ex nihilo, cioè da zero) ma plasma un mondo già “esistente”.
LA DOTTRINA DELL’AMORE LA POLITICA E L’ETICA. VIRTU’ E GERACHIA DEI VALORI (I)
La tematica dell’amore e la relativa dottrina sono connesse alla ricerca dell’Uno. L’Uno, a livello sensibile, si manifesta come “il Bello”. Perfino la figura mitologica di Amore (Eros) è figlia di Povertà (Penia) e di Ricchezza (Poros). Penia è specchio della Diade, in quanto mancanza e privazione del Bene e del Bello. Invece, Poros è un’immagine del naturale tendere verso il Bene e il Bello (e Bene e Bello coincidono con l’Uno). Nel Simposio, Platone analizza la tematica dell’Amore e scrive che amare (a tutti i livelli) consiste nel “fare, da due, uno”. Dato che ci sono vari livelli di unità (fisica, spirituale, assoluta), Platone instaura “una scala gerarchica dell’amore”, i cui gradini (amore per un corpo, amore per tutti i corpi, amore per l’anima, amore per tutte le anime, amore per le leggi, amore per le scienze, amore per le Idee) corrispondono a una progressiva ascesa verso l’Idea del Bello che va oltre l’esperienza e che coincide (lo ricordiamo) con l’Uno-Bene. Analogamente, il vero politico deve fare ordine il più possibile (quanto più possibile; è impossibile l’ordine assoluto) nello Stato, riducendo a tutti i livelli la molteplicità ad una unità: la città buona sarà quindi quella in cui prevale l’unità; la città cattiva sarà invece quella in cui predominano la molteplicità e il disordine.
LA DOTTRINA DELL’AMORE LA POLITICA E L’ETICA,VIRTU’ GERARCHIA DEI VALORI (II)
Anche dal punto di vista morale individuale il bene e la virtù consistono, in ultima analisi, nel fare ordine interiore, ossia portare unità nelle molteplici e disordinate forze del nostro animo. Nella Repubblica questa coincidenza fra dimensione individuale della morale e quella collettiva della politica trova la sua massima espressione nel disegno della città-stato ideale (progetto, lo ricordiamo, per il quale Platone si è battuto ed è stato imprigionato), articolata in tre classi distinte (i governanti-filosofi, i guardiani, i produttori-artigiani) a cui corrispondono le tre parti dell’anima razionale, irascibile e concupiscibile.
LA TEORIA DELLA REMINISCENZA, L’IMMORTALITA’ E LE SORTI DELL’ANIMA (I)
Riguardo al problema della conoscenza (la teoria della conoscenza, detta anche “gnoseologia”) Platone elabora due concetti innovativi per l’epoca:
1) La conoscenza è una “reminiscenza”, ossia un vero e proprio ricordo che, partendo dalle percezioni sensibili che sono le immagini delle Idee, ci permette di riavvicinarci alle Idee medesime. La nostra anima, infatti, possiede da sempre le idee, avendole contemplate prima di venire sulla Terra per poi dimenticarle entrando nel corpo.
2) La formulazione del concetto di dialettica come metodo che procede secondo due vie in parte parallele e in parte convergenti: la via “sinottica” (letteralmente, “che guarda insieme”), la quale partendo dalla molteplicità delle cose sensibili sa pervenire all’unità dell’Idea che le raccoglie insieme; e la via “diairetica” (la via “divisiva”), che divide l’Idea generale nelle sue articolazioni particolari fino a giungere all’ultima Idea non più divisibile. L’essenza delle cose e la conoscenza del Bene si raggiungono proprio grazie a queste vie e in modo sistematico.
LA TEORIA DELLA REMINISCENZA, L’IMMORTALITA’ E LE SORTI DELL’ANIMA (II)
Platone cerca di dimostrare razionalmente, per primo, l’immortalità dell’anima, mostrando, nel Fedone, come essa debba essere dello stesso genere delle Idee, dal momento che le conosce. E se l’anima è simile alle Idee, dovrà, di conseguenza, essere incorruttibile come le Idee.
Infine, Platone tenta una sorta di teoria della conciliazione dell’immortalità dell’anima con il mondo sensibile. Le “sorti” dell’anima sono, secondo Platone, cicliche: l’anima viene premiata o punita a seconda della vita condotta sulla terra (nel mondo sensibile) e si reincarna (questo concetto, chiamato metempsicosi, era già noto ai tempi di Pitagora). L’anima che ha conosciuto la Verità non solo ha “vantaggi” in questa vita, ma anche nella scelta del modello di vita che dovrà fare quando giungerà il tempo di reincarnarsi. Dunque, la conoscenza della Verità “salva” l’anima “in eterno”, in una sorta di ciclo migliorativo continuo.
Chiedi di partecipare al workshop mandando una email: scrittrice@susannabasile.it