Le considerazioni della pittrice Valentina Sorrentino
“Qualcuno è salpato dalle sponde della sera per risalire il tempo a caccia di ricordi, verso una meta ignota. “Il grande sogno” è un viaggio nato per rincorrere il sogno più grande, quello più vero, in un gioco in cui il fine non è vincere, ma sognare di poterlo fare senza smettere di provare, lanciando la lenza sempre una volta in più, restando (forse) in equilibrio tra la logica e l’azzardo. Dal profondo dell’acqua l’amo riaffiora tra le stelle, ancorato a gigantesche finzioni carnevalesche e tonalità burlesque che si incarnano nel Grande Sogno, che è tutto e niente, la donna che ride di più, occhi zecchini in un cielo color pavone, al largo di quell’isola che (finalmente) adesso c’è.”
Il dipinto Big dream secondo lo psicologo Carlo Martinens
Cosa c’è dietro il volto di una donna? L’incapacità di svelare appieno il suo essere, e l’essere trattenuta in questo suo passaggio che la fa ancora, per certi versi, bambina? Una mancanza che è sempre presente, che si rivela essere parte integrante della pienezza della sua essenza. Attraversata da un legame con la realtà si volge verso una fessura di fantasia, di spirito, di allegria che non dimentica la multiforme bellezza della vita e che aiuta il non visto a far scappare qualcosa, quasi inutilmente. L’evoluzione di una donna, da un passato lontano e dai ricordi increspati ma che è ben saldo, e in cui si instaura una prima mancanza, forse un dolore, che se pur piccola ma è incatenata a quel passato, ne fa parte. Da lì si sviluppa la storia di una donna che passa a metà della sua vita attraverso una fase di vanità, di effimerità, di voluttà in sintonia vitale con l’essere femminile. E nel frattempo impara a sostenere la sua maschera, il ruolo che ha nel mondo, nascondendo quella sostanza, quella nudità, quella crudezza di carni e ricordi, mostrandone la bellezza ma non l’essenza che la muove. E questa maschera che lei sorregge a coprire ciò che di più intimo non deve uscire è sostenuta da un filo che attraversa quel passato increspato; c’è un moto di ritorno, di andirivieni tra ciò che vuole essere e ciò che è stata, ella è un meccanismo di questo moto, ed è presa all’amo di un futuro in cui proietta tutto il suo essere, un futuro rassicurante.
L’interpretazione della psicologa Susanna Basile
In questo dipinto di Valentina Sorrentino illustra il mitico uccello dai “cento occhi”: il Pavone viene ridotto ad un meraviglioso ventaglio addomesticato dalla donna-serpente che copre il suo volto con una maschera. Vediamo perché donna-serpente. Il pavone è considerato un simbolo del Cosmo o del Sole, mentre in Occidente è il distruttore di serpenti. La donna è considerata molto vicina al serpente, pensiamo al mito dell’Eden. I colori cangianti delle penne della coda rappresentano la capacità di tramutare il veleno in sostanza solare, mentre gli occhi sono il simbolo dell’onniscienza di Dio. Simboleggia l’aspirazione, la bellezza celestiale, la conoscenza delle realtà superiori celate all’essere umano comune. Questi uccelli si cibano dei giovani cobra e dei serpenti velenosi, riuscendo ad ingerire i veleni senza risentirne. Ancora un’altra metafora in cui la donna-serpente per non farsi “ingerire” lo trasforma in ventaglio con cui potersi “scoprire”. La sua ruota serve per ammaliare le femmine della sua specie ma è anche nota come arma di difesa in caso di predatori: disorienta il nemico aumentando le dimensioni e mostrandosi più pericoloso. E non è un caso il mostrarsi di fronte a cento occhi questo spettacolo “innaturale” procede all’interno dell’acqua dove il riflesso della nudità appare incerto, immoto e immortale. Infatti per i Romani era “uccello di Giunone” perché accompagnava nell’aldilà le anime delle imperatrici simboleggiando regalità, bellezza ed eternità.