I cinesi sono stati i primi che hanno avuto questo attacco dal “nemico invisibile” che si è “trasformato visibile” con tutte le sue conseguenze. Sono stati i primi che hanno trovato il modo per combatterlo e contenerlo. E sono quelli, che avendo queste competenze, ci stanno aiutando a comprendere e contenere, forse, anche, aiutati dalla filosofia su L’arte della guerra di Sun Tzu, stratega vissuto in Cina fra il VI e il V secolo a.c.
Come disse Sun Tzu: “La guerra al nemico visibile e invisibile è di somma importanza per lo Stato: è sul campo di battaglia che si decide la vita o la morte delle nazioni, ed è lì che se ne traccia la via della sopravvivenza o della distruzione. Dunque è indispensabile studiarla a fondo. Considerarne perciò gli aspetti fondamentali, e analizzarli mediante i cinque criteri di valutazione. Così, si potrà definire la strategia necessaria.
Il primo degli elementi fondamentali è il Tao; si intende tutto ciò che induce il popolo ad essere in armonia coi suoi capi, per la vita e per la morte, sfidando anche il pericolo estremo.
Il secondo è il clima; si intende l’azione complessiva delle forze naturali: il freddo in inverno, la calura in estate e la necessità di condurre le operazioni in armonia con le stagioni.
Il terzo è il terreno si intende la distanza, e se il territorio da percorrere è agevole o arduo, se è ampio o ristretto, e le eventualità di sopravvivenza o di morte che offre.
Il quarto è il comando le qualità di saggezza, rettitudine, di umanità, di coraggio e di severità del generale, di colui che comanda le operazioni.
Il quinto è la dottrina militare si intende l’organizzazione e il controllo, la nomina di ufficiali adeguati al grado, ossia la gerarchia, e la gestione dei mezzi di sussistenza necessari all’esercito, ossia la logistica”.
E tratto sempre dall’Arte della guerra “al nemico visibile e invisibile” vi elargiamo queste perle di vita cinese che ci permettono di riflettere sulla vita italiana nello scambio pacifico e asettico di informazioni digitali traversali tra culture che si stanno incontrando: “Ciò che dà valore alla guerra, è la vittoria. Quando la guerra dura troppo a lungo, le armi si spuntano e il morale si deprime. Quando le truppe assediano troppo a lungo le città, le loro forze si esauriscono in fretta. Conosci il nemico come conosci te stesso. Se farai così, anche in mezzo a cento battaglie non ti troverai mai in pericolo. Un tempo i generali esperti, prima d’ogni cosa cercavano di rendersi invincibili, poi aspettavano il momento in cui il nemico era vulnerabile. L’invincibilità, dipende soltanto da noi stessi; la vulnerabilità del nemico dipende soltanto da Lui “il nemico invisibile”. Ne consegue che in una guerra un abile generale può rendersi invincibile, pur se non può indurre un nemico a diventare vulnerabile, anche se “invisibile”. Per questo si dice che chi conosce l’Arte della Guerra può prevedere la vittoria, ma non determinarla. L’invincibilità dipende dalla difesa; la possibilità di vittoria, dall’attacco. Ci si deve difendere quando le nostre forze sono inferiori; si deve attaccare quando le nostre forze sono molto superiori. I successi in guerra non dipendono dalla fortuna. Perché per vincere basta non commettere errori. “Non commettere errori”, vuol dire porsi in condizione di vincere con certezza: in questo modo, si sottomette un nemico già vinto. Chi è esperto nell’Arte della Guerra coltiva il Tao, segue le sue regole ed elabora strategie vittoriose. Così domina sulla confusione. Gestire “molti” è come gestire “pochi”: basta curare l’organizzazione. Controllare “molti” è come controllare “pochi”. È solo una questione di addestramento e di segnalazioni. Attaccare il nemico senza essere sconfitti dipende dall’impiego corretto delle forze frontali e di quelle laterali. Le possibilità di chi sa impiegare abilmente le forza laterali sono vaste e infinite come il Cielo e la Terra, inesauribili come le acque di grandi fiumi. Esse finiscono e ricominciano di nuovo, come il movimento del Sole e della Luna. Muoiono e rinascono, come le stagioni, Le note musicale non sono che cinque, (per i cinesi sono cinque), ma le loro melodie sono così numerose che nessuno può dire di averle udite tutte. I colori fondamentali non sono che cinque, ma le loro combinazioni sono così tante che nessuno può immaginarle tutte. Cinque soltanto sono i sapori, ma le loro mescolanze sono così varie che nessuno può dire di averle gustate tutte. Le azioni d’attacco in battaglia sono soltanto due: l’attacco frontale ordinario e quello laterale di sorpresa, ma le loro combinazioni sono infinite e nessuno può dire di conoscerle tutte. Queste due forze si riproducono reciprocamente, e le loro interazioni sono infinite, come gli anelli concatenati. Chi può stabilire dove comincia l’una e l’altra finisce? Ciò che sembra confusione, in realtà è ordine; ciò che sembra viltà è coraggio; la debolezza è forza. Quando un esercito scende in campo, di norma dapprima il generale riceve gli ordini dal sovrano, poi mobilita il popolo e raduna le truppe. Si adopera per amalgamare le truppe, poi stabilisce l’accampamento e l’assedio. Utilizza quindi guide esperte dei luoghi, per usufruire dei vantaggi offerti dal terreno, Ricorda, un esercito può essere derubato del suo ardore, un generale spogliato del suo senno. Al mattino presto, il morale è più alto. Durante il giorno s’abbassa, A sera i pensieri volano a casa. Con ordine, affronta il disordine; con calma, l’irruenza. Questo significa avere il controllo del cuore. Solamente attestato sul tuo terreno, attendi il nemico. Attendi in riposo il nemico esausto; ben nutrito, il nemico affamato. Questo significa avere il controllo della forza. Cinque qualità pericolose possono riscontrarsi nel carattere di un generale. Sono queste: Se è troppo temerario, può venire ucciso. Se tiene troppo alla vita, sarà fatto sicuramente prigioniero. Se è iroso, cede alle provocazioni. Se tiene troppo al proprio decoro, è sensibile alle calunnie. Se è di natura compassionevole, puoi farlo vivere nel tormento. Questi cinque tratti caratteriali per un generale sono difetti. Per le operazioni militari sono catastrofi. È per questo che c’è il detto: i sovrani illuminati decidono la guerra, e i buoni generali ne realizzano i piani. Agisci soltanto nell’interesse dello Stato. Se non sei più che sicuro di riuscire, non impiegare uomini. Se non sei in pericolo, non combattere. Un Sovrano non può mobilitare un esercito soltanto per uno scatto d’ira, né un generale può combattere soltanto perché mosso dalla collera. Infatti, mentre un uomo in collera può recuperare la calma, e un uomo risentito può rasserenarsi, uno Stato finito in pezzi non può essere ripristinato, né i morti possono essere restituiti alla vita. Il Sovrano illuminato è dunque prudente, e il buon generale lo mette in guardia contro azioni temerarie. In questo modo lo Stato è sicuro e la forza militare rimane integra”.