Che cos’è la Dacrifilia? Il termine viene dal greco Daikru lacrime e Philia Amore. È una delle ultime tendenze di coppia, amorose, affettive e sensuali che sta diventando una vera e propria moda. Consiste nel provare piacere sessuale vedendo il proprio partner piangere, per stanchezza, dolore o disagio. O anche provare piacere, non necessariamente sessuale, quando si prova “soddisfazione” (fisiologica e cognitiva) con altri elementi della famiglia o amici intimi, che piangono.
Come ogni buona Amicizia dettata da una Conoscenza Profonda, oltre che attiva, cioè eccitarsi in qualche modo vedendo gli altri piangere, la Dacrifilia, può anche essere passiva: a goderne diventa chi piange, il dacrifil*, che è colui, colei, e “l’altro non omologato binario”, che abbia un rilascio emotivo e così “schizzando” e piangendo, abbia una produzione di “endorfine” dentro e fuori dal corpo. E che goda nel produrle. Che quando piangiamo veramente, (singhiozzi, sussulti e muco nasale) siamo tutti uguali. E come se il corpo avesse una produzione propria di ormoni fisiologici e impropria di algoritmi cognitivi. Pare che esista nel nostro inconscio, il discernimento, fisiologico-cognitivo-polivagale e che determini su questo o quell’altro comportamento:
si “può” piangere per questo (algoritmo cognitivo);
si “deve” piangere per questo (algoritmo cognitivo-ormone fisiologico);
si piange “spontaneamente” per questo (fisiologico).
Alla fine dei conti tra cognitivi e fisiologici, si scopre che quando si piange e come se tutto il corpo avesse un “orgasmo”. E qui le donne la fanno da padrone essendo “amanti delle lacrime” e dacrifile per eccellenza.
Dunque per essere dacrifili/e, bisogna accorrere a questa “pratica” in maniera ricorrente, (il pianto abituale, personale o degli altri) e dobbiamo trarne piacere, di qualsiasi tipo, diventando così affetti da “dipendenza da pianto” in inglese Cry-addiction.
E nel nostro sussistere del “pianto abituale” ricorriamo sempre alla stessa modalità di consolamento? E non è detto che sia un consolamento strettamente sessuale (in senso classico del termine: desiderio, copula e detumescenza) ma un “consolamento abituale” del “pianto abituale” (almeno tre volte a settimana, per un minimo di sei mesi). Resta comunque il fatto che il Pianto e la dipendenza da Pianto è una parafilia: un godimento vero e proprio che scaturisce dall’essere d’aiuto al partner permettendo al dacrifilo di rendersi utile e porsi in una situazione di superiorità psicologica.
Molte coppie in terapia raccontano che dopo litigi terribili, dove gli uomini fracassano e lanciano oggetti e le donne piangono disperatamente, tutto dopo si sistema “a letto”. Secondo gli addetti ai lavori si tratta di traumi non superati, spesso legati a sentimenti di figure materne o paterne. Quindi anche la famiglia ha il suo ruolo, come sempre nella formazione della personalità e delle modalità di dare e ricevere piacere. In questo caso il piacere prodotto dall’immagine del pianto, può anche essere motivata facendo sì che una persona abbia voglia di piangere (dare cattive notizie inventate o drammatizzare con fatti, discutere …). Quindi può diventare una parafilia crudele, anche perché le persone dacrifile di solito non commentano questa “predilezione” con i loro partner sessuali.
Questo è controproducente, poiché in un rapporto di fiducia, potrebbero provare a provocare pianti in un altro modo e non attraverso un’aggressione ai loro sentimenti (colliri, video o film emotivi, ecc.). Quando l’attrazione e l’esclusività diventa eccessiva per questa forma di “perversione”, sarebbe il caso di consultare uno specialista.
Per chiarire il legame tra la dacrifilia e la cry-addiction (dipendenza da pianto) vi invitiamo a vedere il film Kiki & i segreti del sesso (Kiki, el amor se hace), di Paco Leòn. Un remake del film The little death di Josh Lawson. Ma questa è un’altra storia che vi racconteremo in un altro articolo.