Movie Therapy cioè l’uso dei film come utile supplemento alla terapia è stato documentato in letteratura, e in diverse modalità terapeutiche (individuale, familiare, di gruppo) e in numerosi orientamenti teorici (psicanalitico, psicodinamico, cognitivo-comportamentale, umanistico, sistemico-relazionale, funzionale). Il film Nymphomaniac per la sua tematica e la sua conformazione in otto capitoli offre al/ai paziente/i una maggiore comprensione della vita di relazione, esaminando temi che riguardano la vita interiore, riconoscendo e ritrovando in se stesso abilità come problem-solving, coping, mirroring e trasformazione della relazione. Il film è diviso in due volumi: I volume la storia di Joe che si definisce una ninfomane che racconta la sua vita dall’infanzia fino alla giovinezza ad un professore in pensione Seligman. Il II Volume si occupa della seconda parte della vita fino alla maturità di Jo e di tutte le complicazioni derivate dal suo “cattivo” comportamento. Il film ha una narrazione a flashback senza rispettare necessariamente una cronologia. Dopo una breve introduzione del terapeuta il film è proiettato e una volta conclusa la visione è avviata la dinamica di gruppo con discussione suggerita dagli stimoli del film. La visione del film durante il setting terapeutico ha incentivato le riflessioni personali da parte dei pazienti affetti da dipendenza sessuale, affettiva, porno, cyber-porno, anoressia sessuale. Gli indicatori psicologici emersi dal gruppo dopo aver visto il film sono stati: autodeterminazione, solitudine, disperazione, seduzione manipolativa, dolore, piacere, anticonformismo parità sessuale, ipersessualità, dipendenza, monogamia, promiscuità, religiosità, blasfemia, senso di colpa, vergogna, rimorso, altre reificazioni.
Perché impostare una ricerca sulla dipendenza sessuale e la visione terapeutica di un film come Nymphomaniac?
Da diversi decenni sia in Europa che negli Stati Uniti esiste la cinema-terapia (o la movie-teraphy) che viene utilizzata come valido strumento parallelo ad una terapia psicologica. Spesso le donne che si presentano al terapeuta con situazioni di dipendenza affettiva, una love-addiction, nascondono una non dichiarata dipendenza sessuale per questioni sociali caratteriali definite dalla cultura vigente: “ciò di cui non si può dire ne tanto meno pensare” (Guerreschi, 2015).
Infatti nel 2012 la terapeuta Paola Hall condusse una ricerca in Inghilterra nella quale il 25% delle pazienti affette da dipendenza sessuale erano donne e il 60% di queste non aveva mai chiesto aiuto per il problema. È evidente che la paura dello stigma sociale è ancora viva e condiziona anche il fatto che le donne si presentino all’attenzione dei clinici più come love addiction
L’utilizzo di un film dove in luogo della dipendenza affettiva (o dipendenza dalla relazione) viene utilizzata in maniera così esplicita la dipendenza sessuale femminile (anche il titolo del film rappresenta un’etichetta dura a morire nel linguaggio gergale popolare anche se la comunità psichiatrica del DSM-5 ha eliminato i termini ninfomania per la donna e satiriasi per l’uomo) sicuramente ha un forte impatto sulle pazienti. Il gruppo delle pazienti che visionavano il film erano affette da dipendenze eterogenee: affettiva, sessuale, cibo, shopping, droghe, alcool, gioco. Il ritrovarsi sul grande schermo con tutte le implicazioni del caso di fronte a un vissuto caratterizzato dalla “ricerca del piacere per il piacere” senza cioè connotazioni sentimentali, poneva la paziente, magari in maniera estrema, a rispecchiarsi rispetto ad una libertà di costumi esente da sensi di colpa e vergogna. Il regista Lars Von Trier utilizzando magistralmente la storia di Joe, la protagonista di Nymphomaniac, ci illustra quali sono i presupposti, per cui una donna diventa una “ninfomane” e quali sono i limiti per cui si passi da una sessualità feconda e viva ad una dipendenza da comportamento. In realtà, ma le ricerche sono ancora in corso, potrà cambiare la sostanza o il comportamento dal quale si è dipendenti ma “il sintomo della dipendenza fondamentalmente è determinato da una mancanza che diventa compensazione” (Caretti, La Barbera, 2005).